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E’ legge la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di beni pubblici (essenzialmente spiagge). Dopo la proroga alla fine dell’anno prossimo per le concessioni delle spiagge agli attuali gestori, questo è il passo legislativo previsto per dare una forma giuridica credibile (per loro) allo scippo che i balneari, con la complicità di tutti i governi degli ultimi anni, stanno facendo delle spiagge pubbliche, occupando più della metà delle spiagge, e dell’erario, visti i ridicoli canoni che pagano.
Secondo la Corte di Giustizia Ue il rinnovo non può essere automatico ma deve essere sottoposto ad un bando. Di conseguenza, la Commissione Ue potrebbe decidere di multare l’Italia per la violazione della sua direttiva in merito.
Per capire di cosa parliamo.
I sindacati dei balneari gioiscono alla mappatura, ché serve solo a prendere tempo rispetto ad una decisione Ue che non potrà non essere attuata. Ma meglio più tardi, e per questo promettono consenso e potere a chi proroga.
I consumatori, anello finale di ogni economia, sono quelli che ci rimettono di più, ché se oggi lamentiamo prezzi alle stelle per i servizi nelle spiagge, è perché queste sono, per esempio nelle regioni ad alta sfruttamento turistico come LIguria, Emilia-Romagna e Campania, al 70% in mano agli stabilimenti balneari. Per il resto dell’Italia, più della metà delle spiagge non sono libere.
La direttiva Ue aprirebbe alla concorrenza e, di conseguenza a prezzi più bassi e qualità. Ma se la concorrenza non c’è, e i servizi dei balneari si tramandano di padre in figlio, va da sè che si è formato un cartello tra i gestori che, facendo fronte comune contro l’applicazione della legge, impongono i loro prezzi.